top of page

Un attimo prima è uno spettacolo struggente e doloroso che, come afferma la stessa Salvaterra, ruota intorno ai concetti di rottura e riparazione……

Un attimo prima della rottura, l’istante prima che tutto andasse in pezzi; come il piatto che l’attrice seduta a una tavola imbandita a cui ci fa accomodare ci mostra. Le crepe, tante e ramificate, partono da un punto: «Lo vedete? Qui dove tutto comincia, è quando mia madre si è ammalata» ci dice lei, ma nel frattempo noi siamo lì che accarezziamo quelle fratture di porcellane come se stessimo accarezzando la nostra anima, come se stessimo sentendo i bordi delle ferite……

A rendere il tutto ancora più suggestivo e riuscito i costumi e la bellissima scenografia in cui nulla sembra lasciato a caso e si respira l’aria rarefatta di un ricordo dell’infanzia.
Un attimo prima è uno spettacolo difficile, come dicevo all’inizio, che se approcciato con la giusta apertura e il giusto coraggio può regalare emozioni grandissime. Provare per credere.

Nike Francesca del Quercio

fermataspettacolo.it

 

leggi tutto l’articolo

 

 

E di convenzioni stereotipate non ce ne sono affatto in Un attimo prima, 50 minuti di viaggio sinestetico a 360 gradi del corpo, della mente, dell’animo che smuove e commuove, spiazza e strazia, accarezza e spezza.......
A creare e garantire questa esperienza multisensoriale che vive di paradossi perché leggera e profonda, delicata e penetrante, gioiosa e struggente, fragile e forte, la sensibilità unica di Gabriella Salvaterra che per quasi venti anni ha lavorato col Teatro de los Sentidos di Enrique Vargas in cui l’unica regola è sempre stata il gioco…….

Se ne esce educati all’arte dell’ascolto e con qualche feconda lacrima sul volto.

 

Michele Sciancalepore

Agorà – Avvenire

 

Leggi tutto l’articolo

In UN ATTIMO PRIMA rimane sconvolgente il ricordo del lavacro delle mani al buio, offerto a ciascun partecipante da uno sconosciuto, lo stesso sconosciuto, forse, con cui poco dopo ci si trova a ballare bendati. O magari lo stesso che ci ha schedato all’inizio e con cui abbiamo scambiato poche parole? Non lo sappiamo, perché queste figure sono sostanzialmente dei medium emotivi, che con dolcezza sostengono piccoli momenti di transfert, quel meccanismo mentale, si ricorderà, studiato in psicologia, per il quale un individuo tende a spostare schemi di sentimenti, emozioni e pensieri occorsi nel passato su una persona che entra in relazione con noi nel tempo presente, in questo caso sconosciuta e per larga parte oscura e non identificabile.....Che uno che ha già visto qualcuna di queste creazioni, dice: stavolta non ci casco, non mi frega, so cosa succede.
E invece… Ogni volta, in qualche angolo del labirinto, in qualche momento, pur resistendo, ci si perde, si perde il contatto con la piena razionalità e ci si trova in una terra di nessuno, in cui si è soli, sì, soli a fare i conti con memorie dai contorni indecifrabili, che riaffiorano, sensazioni del lì per lì senza che il mondo attorno, quello “vero”, il fuori, abbia a che interferire.

Renzo Francabandera

paneacquaculture.net

Leggi tutto l'articolo

Ti tranquillizza, a un certo punto, il fatto che la stessa persona cominci a disporre davanti ai tuoi occhi una decina di fotografie. E ti propone di sceglierne una.Io ho scelto una vecchia polaroid, con le montagne sbiadite di rosa e l’utilitaria da cui emerge sbieco il volto di una donna. Potrebbe essere mia madre. Estate. Prati. Gli anni Sessanta. Le piccole vacanze di noi piccoli italiani. “Qui è quando andava tutto bene. Quando tutto sembrava perfetto” mi ricorda la voce che ho di fronte. E mi prende per mano......

........ci racconta Gabriella Salvaterra, seduta al centro. Padrona di casa, sfiora anche lei la crepa del suo piatto. “C’è chi sostiene che a tutto c’è rimedio. Io non credo che sia proprio così. Ci sono cose che sono irreparabili. O diventano irreparabili. Mentre per riparare c’è un tempo, un tempo giusto“. Lo dice, mentre ciascuno di noi cerca di risalire il proprio tempo e trovare nella memoria l’attimo in cui anche per noi si è aperta quella crepa, mai più rimediata da allora, quel bordo che taglia ancora. Intanto qualcuno, da dietro, con delicatezza, mi mette sugli occhi una benda.....

.....sono passati quasi 50 minuti, usciamo assieme, tutti e dodici, da questo labirinto di ricordi. Molti sono commossi.

Roberto Canziani

Quantescene!

Leggi tutto l'articolo

bottom of page